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22-Giu / Psicologia / 0 COMMENTS
Quante volte abbiamo sentito dire, o abbiamo detto ai nostri figli, “ sei stupido”, “ se non ubbidisci non ti voglio più bene” o altre frasi simili, dallo stesso significato?
Educare i figli è un compito molto difficile, spesso richiede pazienza, autocontrollo e soprattutto molte energie, che purtroppo non sempre sono disponibili, specie al termine di una dura e stressante giornata di lavoro. Ecco che, con un figlio che ci esaspera e noi stanchi e impotenti, può capitare che si dicano frasi del genere, utilizzandole come ultima carta da giocare per farci ascoltare e ubbidire.
Ma che effetto può avere una frase di questo tipo sullo sviluppo di un bambino e soprattutto sulla sua autostima?
È logico che sentirsi dire queste parole una sola volta nella vita verosimilmente non avrà effetti sulla nostra autostima, tuttavia crescere all’interno di una famiglia dove frasi di questo tipo vengono usate spesso e volentieri, rischia di compromettere seriamente uno sviluppo sano ed equilibrato della propria autostima.
Ma, facendo un passo indietro, che cos’è innanzitutto l’autostima?
; è la considerazione che si ha di sè, e comprende un aspetto cognitivo (ossia le opinioni che ognuno ha di sé, del proprio aspetto fisico, della propria vita sociale, affettiva, lavorativa, della propria moralità ecc…), un aspetto emotivo (ovvero cosa la persona prova nei propri confronti) ed un aspetto comportamentale (come la persona si comporta nei propri riguardi, se ha rispetto di sé, se soddisfa i suoi bisogni ecc…).
L’autostima può essere posta al centro di un ipotetico continuum, che va dalla sottovalutazione di sé alla sopravvalutazione di sè:
· Sottovalutazione di sé: la persona vede solo i suoi difetti.
· Autostima: la persona vede sia i propri pregi che i difetti.
· Sopravvalutazione di sé: la persona vede solo i suoi pregi.
L’autostima non si eredita, non esiste “un gene” dell’autostima, ma si costruisce nel corso della propria vita. Fondamentali sono proprio i primi anni di vita ed il rapporto con le figure di riferimento, significative per il bambino, ovvero i genitori. Infatti, proprio perché l’autostima non si eredita, il bambino costruisce un immagine ed un’idea di sé partendo dall’immagine che i genitori gli rimandano e dal suo rapporto con essi.
Sapere di essere amato, voluto bene, in maniera incondizionata, per quello che si è, indipendentemente da ciò che si fa o dalle proprie prestazioni, è il presupposto indispensabile per la formazione di un’autostima forte e salda. Affinchè quindi un bambino possa credere in se stesso, nelle sue capacità, è indispensabile che il genitore creda in lui.
Ma cosa succede quando un bambino sbaglia o quando delude le aspettative dei genitori?
Ecco comparire, in alcuni casi, le frasi precedentemente menzionate: “ sei cattivo”, “ sei sempre il solito”, “papà non ti vuole più bene” e così via. Ecco che si insinua il virus del “ti voglio bene se… farai il bravo, rispetterai le regole, farai ciò che ti dico io ecc…”; ecco che viene a mancare uno dei bisogni fondamentali dell’individuo, ovvero l’amore incondizionato, il “ti voglio bene per quello che sei!”. Può anche capitare che, involontariamente, un genitore dia maggiore attenzione agli errori e alle mancanze del figlio piuttosto che ai suoi pregi. Infatti spesso accade che, quando nostro figlio si comporta male, impieghiamo tempo ed energie per sgridarlo, per spiegargli che ciò che ha fatto è sbagliato e, in alcuni casi, per metterlo in punizione; viceversa quando si comporta bene, ad esempio è seduto a giocare senza dar fastidio, può succedere di ignorarlo, di non dargli attenzione, di “usare” quel tempo non per stare con lui ma per fare altre cose. Capita anche di parlare maggiormente, nell’arco della giornata, dei comportamenti inadeguati del bambino che dei suoi comportamenti adeguati.
Il risultato di questa consuetudine educativa è che i comportamenti adeguati vengono dati per scontati, quindi producono indifferenza, perché i bambini “hanno fatto il loro dovere”; viceversa i loro comportamenti inadeguati vengono sempre sottolineati, attenzionati, portati in primo piano.
Queste considerazioni non vogliono certo essere critiche o colpevolizzazioni ai genitori, che fanno sempre quello che possono per il bene dei loro figli, quanto informazioni, spero utili, che li possano aiutare in questo arduo compito.
Un bambino che cresce all’interno di un contesto educativo di questo tipo diventerà, con buone probabilità, una persona portata a dare per scontate le proprie qualità, i propri pregi e quelli altrui, mentre sarà attenta ai suoi difetti, alle sue mancanze e agli errori suoi e delle persone che lo circondano; inoltre, se è passato il messaggio che i suoi genitori lo amano non per quello che è, ma per quello che fa, inizierà a volersi bene solo se non commetterà errori, se non deluderà nessuno, se raggiungerà tutti gli obiettivi che si è prefissato, spostando il focus valutativo da ciò che è a ciò che fa (o non fa).
E chi non sbaglia, chi non commette mai errori, chi raggiunge sempre tutti gli obiettivi, chi non delude mai le aspettative degli altri? Com’è quindi possibile costruire un immagine di se positiva, avere una buona autostima, utilizzando solo questi criteri e rimanendo centrati solo sui propri difetti e mai sui propri pregi?
È perciò probabile che questo bambino, crescendo, svilupperà una bassa autostima.
Ma in che modo, in concreto, la nostra autostima influenza la nostra vita, i nostri comportamenti e le nostre emozioni?
Chi ha una scarsa considerazione di sé, generalmente, tende continuamente ad autocriticarsi, è ipersensibile alle critiche e si offende facilmente, è indecisa, ha sempre bisogno di essere accettata dagli altri e teme il loro giudizio, si sente spesso in colpa. Chi invece ha una buona autostima appare sicura di sé, non ha paura di sbagliare, stabilisce relazioni positive con altre persone, sa affrontare meglio i problemi e le difficoltà della vita, non dipende dal giudizio degli altri, sa farsi rispettare.
Inoltre molti problemi psicologici sono causati proprio da una bassa autostima: ansia, insicurezza, depressione, fobie, difficoltà interpersonali ecc…
Vivere con un’autostima bassa diventa quindi difficile, pesante, perché tutto sembra al di sopra delle nostre possibilità, perché ci sentiremo “schiacciati” dalla vita e dai suoi problemi, che per noi saranno sempre troppo difficili da risolvere, in quanto siamo “persone totalmente incapaci”! L’autostima è quindi una componente molto importante del nostro benessere psicologico, perciò degna di nota e di attenzione. Ai genitori quindi il compito di aiutare i figli a costruire un immagine di sé positiva, a credere in loro stessi, a conoscere ed accettare i loro pregi e i loro difetti, e ad educarli seguendo il “ti voglio bene per quello che sei!”. A chi invece dovesse riconoscersi nella descrizione di persona con bassa autostima, il consiglio è di scegliere di migliorare la propria qualità di vita, spostandosi lungo l’ipotetico continuum dal polo della sottovalutazione di sé verso la posizione dell’autostima, perché nulla è più falso della convinzione “ che sono fatto così”, “che non si può cambiare”.
È bene, perciò, chiedere aiuto ad uno specialista, perché soltanto uno psicoterapeuta è in grado di promuovere il benessere psicologico e di potenziare l’autostima, attraverso l’utilizzo di tecniche specifiche volte a incoraggiare una migliore e più realistica visione di se stessi e delle proprie, ed effettive, capacità e qualità, portando dolcemente la persona ad apprezzarsi e soprattutto ad amarsi di più.
“Te stesso, così come ognuno nell’intero universo, merita il tuo amore e il tuo affetto” Buddha.
Fonte: Psicologionline.net
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